Le ultime elezioni europee hanno fatto
emergere concretamente la realtà di un continente, una volta
considerato faro di civiltà e di sviluppo, che si trova attualmente in
una fase di grave crisi di identità e nel quale emergono spinte
disgregatrici in contrasto con il preteso processo di integrazione
peraltro mai realizzato.
L’Europa, per la prima volta nella sua Storia moderna, è affetta da una
grave forma di disfacimento che si esprime a vari livelli: economico,
culturale, sociale, politico.
Si può capire quanto sia grave questo disfacimento anche se trattasi di
un processo iniziato ormai da qualche decennio e non è una questione
semplice da analizzare. Volendo classificare gli aspetti più evidenti
ce ne sono tre di sostanziali e collegati fra loro. Il primo, e più
immediato, è lo stato degenerativo della democrazia in tutto il
continente, di cui la struttura della UE è a un tempo la causa e la
conseguenza.
Il carattere oligarchico delle sue scelte costituzionali, che avrebbero
dovuto essere l’ impalcatura di una sovranità popolare graduata in
scala sovranazionale, con il tempo si è costantemente consolidata. La
possibilità per i cittadini di accedere ai referendum è stata
regolarmente resa nulla se questi intralciano la volontà dell’oligarchia
insediatasi nelle istituzioni della UE.
Grigi burocrati, mai eletti da nessuno, si sono arrogati del potere di
controllare i bilanci degli Stati nazionali dopo aver espropriato i
Parlamenti nazionali dal potere di spesa. Gli stessi, attraverso la
Commissione ed il Consiglio d’Europa (organismi non elettivi),
esercitano il controllo su tutti i settori più importanti
dell’economia, dalla concorrenza alle banche, dalle regolamentazioni
industriali a quelle alimentari, dalle assicurazioni all’agricoltura,
alla pesca, ecc.
L’Unione Europea è divenuta con il tempo una sovrastruttura
autoreferenziale che trasmette le sue direttive agli stati membri che,
senza di essa, potrebbero esercitare molto meglio la loro gestione
economica. La UE è dominata dalle lobby di interessi estranei ai popoli
(quelli delle grandi banche d’affari e delle multinazionali), che ne
influenzano e ne determinano le decisioni e le tendenze con effetti
nefasti sulle economie degli Stati più deboli. In ogni nazione, gli
esponenti politici, fiduciari dell’oligarchia europea, manipolano le
leggi ed i regolamenti in conformità con gli interessi di riferimento,
in forma scoperta o sotterranea, facendo passare i provvedimenti come
necessari ” per adeguarsi allo spirito dell’Europa” (dicono); il tutto
con una campagna di disinformazione dei grandi media, conformi ai gruppi
di interesse.
Questo crea alla lunga malcontento e disaffezione nei cittadini che si
vedono pregiudicati nei loro diritti e nei loro interessi
sistematicamente sacrificati dal superiore interesse dei mercati, della
globalizzazione, dell’Europa che prescrive quelle norme e quei
regolamenti.
La kermesse elettorale, per eleggere un organismo (il Parlamento
europeo) scarsamente influente a livello decisionale, dominata da
propaganda e manipolazione mediatica, ha fatto affiorare il dissenso e
l’assenteismo di molti elettori, ma i centri di potere hanno già
iniziato una campagna di diffamazione e di manipolazione per convincere
l’opinione pubblica del pericolo rappresentato dai movimenti così detti
“euroscettici e populisti”.
“Vogliono fermare il progresso, vogliono tornare all’Europa delle guerre
e dell’intolleranza, sono razzisti, totalitari, antisemiti”, le accuse
più frequenti e quella più subdola “potrebbero turbare l’equilibrio dei
mercati”.
Pochi commentatori mettono in evidenza poi , oltre alla inesistente
rappresentanza democratica delle istituzioni europee, anche l’aspetto
della corruzione che si è insinuato in modo pervasivo nelle classi
politiche di quasi tutti paesi europei, anche per effetto dei tanti
fondi profusi dalle lobby di interesse, argomento accuratamente
occultato dai grandi media, in alcuni paesi si sono create delle sotto
strutture di affari ed interessi collegate al potere politico che
pilotano tutte le importanti decisioni economiche, gli appalti, le
forniture, le opere pubbliche, i finanziamenti pre elettorali,
l’assegnazione delle cariche.. In paesi come l’Italia o la Grecia queste
sono un male endemico, una caratteristica insita nella politica ma il
fenomeno è ben presente anche in paesi come la Germania e la Francia.
Vedi i fondi neri illegali accumulati a suo tempo da Helmuto Kohl per i
quali fu sottoposto a procedimento o i lucrosi incarichi ottenuti da
Gerhard Schroeder dalla Russia grazie al suo ruolo nel finanziamento
della Gazprom. Vedi le accuse in Francia in cui fu coivolto Chirac per
appropriazione di fondi pubblici. Tralasciando i noti casi in Italia
dove sono state coinvolte tutte le struttre del ptere bancario
intrecciato con la politica come MPS, Unipool e le collusioni con le
Coop, sempre assegnatarie privilegiate di commesse pubbliche.
Che l’Elite finanziaria dominante, quella delle grandi banche e dei
potentati finanziari, sia l’ispiratrice principale delle più importanti
decisioni prese dagli organismi europei, non è più un sospetto ma una
certezza.
Prova ne sia le posizioni di privilegio riconosciute alle grandi banche
con appositi organismi creati dall’oligarchia come il MES/ESM (fondo
salva stati) predisposti per salvare le banche a scapito del denaro
pubblico, del bilancio degli Stati e del risparmio dei cittadini
saccheggiato sistematicamente per prelevare risorse, con provvedimenti
di inaudita vessazione fiscale come accaduto in Italia ed in Grecia.
C’è però un’altro aspetto che caratterizza la deriva di questa Europa ed
è più profondo e radicato: si tratta del decadimento culturale.
L’occidentalismo e la cultura della modernità di stampo anglo americano è
quella che ha preso il sopravvento, presentando quella anglosassone, di
stampo evangelico , come una civiltà superiore o addirittura unica
rispetto al passato ed al presente, trasversale in quanto si estende
dall’Atlantico al Mediterraneo ed aspira a diffondersi per il resto del
mondo per “esportare intellettualmente la democrazia”, che con la
modernità ha preso il posto del “Summum Bonum “che era proprio della
scolastica medioevale.
Gli intellettuali modernisti come i Popper, gli Strauss, hanno influito
sulla visione europea predicando il mito della “società aperta” ,
tollerante e democratica ( nella teoria) che predica il relativismo
culturale ed aborrisce il tradizionalismo ed il conservatorismo. Questa
concezione in sintesi predica “la democrazia come necessità”, si tratta
però di una democrazia svuotata del popolo e riempita con il principio
della elite che opera “per il bene ed il progresso” della società. Una
concezione che giustifica anche il tirannicidio o l’omicidio mirato
quando questo è ritenuto necessario per abbattere un regime anti
democratico o tirannicida (ne hanno fatto le spese i Milosevic, i Saddam
o i Gheddafi ).
Da qui la pretesa di imporre il sistema della democrazia occidentale
anche a popoli che hanno altre culture. L’imperialismo di matrice nord
americana come necessità storica e come missione di proselitismo
democratico per convertire i popoli.
Derivano da questo anche gli interventi militari al seguito degli USA
dove l’Europa si è sempre accodata agli USA, dall’Iraq, alla Libia, per
arrivare alla Siria ed un domani all’Iran come obiettivo,
L’attuale dominazione culturale in Europa, di stampo americanoide,
realivista e modernista, si basa sull’influenza determinante degli Stati
Uniti e di Israele, ove la vecchia Europa è un continente conquistato a
questa cultura e ne vengono negate le sue radici cristiane e della
tradizione scolastica. Un continente che rappresenta per gli americani
niente più che un mercato di consumo ed una base aerea per la proiezione
di possibili conflitti contro quei paesi che rappresentano l’”impero
del Male” come la Russia, potenza continentale vista come antagonista
anche per la visione ideologica di Putin che rilancia la tradizione
spirituale della Chiesa Russa ortodossa e della cultura della Santa
Russia contro l’Occidente mondialista. Si rilanciano conflitti contro le
potenze medio orientali non conformi agli interessi occidentali come la
Siria e l’Iran, ritenuti retrogradi e nazionalisti e di conseguenza
visti come “stati canaglia”.
Una visione questa che è stata teorizzata come “scontro di civiltà” da
intellettuali ed ideologi neo conservatori come S. Huntington, che aveva
previsto l’affermarsi di un nuovo ordine mondiale, L. Strauss, .
Wolfowitz, R, Perle e L. Kristol.
Tutti intellettuali questi di origine israelitica e di formazione
trozkista che si sono arruolati alla visione neoliberista radicale per
predicare la “guerra preventiva” e la rivoluzione conservatrice.
Oltre agli effetti nefasti dell’ideologia neoliberista, bisogna
considerare l’impatto nei paesi europei, specie in quelli più fragili,
del sistema socio-economico, messo a dura prova dalle politiche
recessive e di folle austerità dirette dalla oligarchia europea, impatto
che ha determinato una esasperazione delle differenze sociali
accrescendo come non mai povertà ed emarginazione. Il fatto che la
crisi economica manifestatasi in Occidente nel 2008, sia stata il
risultato di decenni di liberalizzazioni nel settore finanziario e di
espansione del credito lo ammettono, più o meno, i loro stessi
protagonisti; si veda Alan Greenspan. Grazie al collegamento ed
all’interdipendenza tra i paesi occidentali , le banche e le attività
immobiliari europee erano già coinvolte nel disastro tanto quanto le
loro omologhe statunitensi. Nei paese europei, tuttavia, questa crisi
generale è stata notevolmente aggravata da un altro fattore peculiare
dell’Unione, le distorsioni create dalla moneta unica imposta a economie
nazionali molto diverse tra loro, spingendo le più vulnerabili di esse
sull’orlo della bancarotta quando sono state colpite dalla crisi
generale.
La ricetta stabilita dagli oligarchi di Bruxelles e dietro isuggerimento
di Berlino , aveva previsto non solo un classico regime di
stabilizzazione finanziaria mediante tagli alla spesa pubblica e
provvedimenti di austerità economica ma anche un patto di bilancio
“fiscal compact” che ha fissato un limite uniforme del tre per cento a
ogni deficit, imposto come norma costituzionale, realizzando una
limitazione economica distorsiva come principio fondamentale della
contabilità di Stato, come fosse un dogma, totalmente astratto dalla
realtà e dalla necessità di fronteggiare le conseguenze sociali della
crisi che al contrario richiederebbero politiche espansive.
In questo contesto, l’Italia è considerata come il caso più accentuato
di deformazione funzionale del sistema europeo. Dall’introduzione della
moneta unica l’Italia ha segnato il dato economico peggiore rispetto ad
ogni altro stato dell’Unione: un periodo di vent’anni di stagnazione
virtualmente ininterrotta a un tasso di crescita ben inferiore a quello
di Grecia o Spagna. Il suo debito pubblico è superiore a 130 per cento
del PIL. Tuttavia bisogna considerare che l’Italia è un paese di
dimensione notevole ed è uno dei sei membri fondatori, con una
popolazione paragonabile a quella della Gran Bretagna e un’economia pari
quasi al doppio di quella della Spagna. Dopo la Germania la sua
industria manifatturiera è la seconda maggiore d’Europa, risulta anche
anche seconda in classifica nell’esportazione di beni capitali. Le
emissioni del suo tesoro costituiscono il terzo maggiore mercato di
titoli sovrani del mondo. Quasi metà del suo debito pubblico è detenuto
all’estero: il dato paragonabile del Giappone è inferiore al 10 per
cento. Nella sua combinazione di peso e di fragilità l’Italia è il vero
anello debole della UE, che, in un possibile default, trascinerebbe a
picco tutto l’eurosistema..
Questo non può essere consentito nell’interesse delle banche tedesche e
francesi in particolare che sono particolarmente esposte verso l’Italia
nel caso di un default del paese schiacciato dal debito e che
attualmente lucrano, assieme alle altre banche (anglosassoni), dei
vantaggiosi interessi sui titoli delle emissioni pubbliche che lo Stato
italiano emette per finanzirsi il debito e la spesa statale.
La casta dei banchieri per nulla al mondo permetterebbe un cambio di
passo radicale di politica economica dell’Italia quale una procedura di
uscita dell’euro o una rinegoziazione del debito. Per questo in ogni
governo si assicurano di inviare un loro fiduciario nella stanza dei
bottoni (Monti, Grilli, Letta, Padoan) che tenga sotto controllo i conti
e si occupi di attuare le direttive che, pur provenendo dalla
Commissione Europea, in realtà sono ispirate dall’elite finanziaria.
Sul livello politico il paese viene tenuto sotto controllo tramite il
principale partito di governo (il PD) che è del tutto asservito alle
logiche del capitale finanziario e con un sistema di ricatti nei
confronti di altri esponenti politici dove vengono coinvolti altri
apparati dello Stato e della magistratura infiltrati e mantenuti sotto
monitoraggio costante.
A questo si aggiungono i principali organi di informazione e reti
televisive che, facendo capo a gruppi finanziari e di interesse, sono
del tutto coivolti nel gioco della manipolazione delle notizie e nelle
campagne mediatiche pro Europa (come accaduto nelle ultime elezioni) e
si dispone anche di qualche centinaio (forse migliaio) di “influencers”
pagati che operano sulla rete web e sui siti di controinformazione per
seminare dubbi, contronotizie e ridicolizzare coloro che sostengono tesi
non conformi.
L’efficacia di questo sistema è stata comprovata nel caso delle ultime
elezioni europee dove il partito filo Europeo per eccellenza, unico caso
in Europa ha conquistato oltre il 40% dei consensi.
I cittadini italiani si sono rivelati i più facilmente influenzabili e
quelli meno consapevoli ed in sostanza hanno accettato, dopo una intensa
opera di convincimento televisivo, che era cosa buona e giusta
consegnare le chiavi di casa propria alla Troika europea per mano del
leader fiorentino, Matteo Renzi.
Non accade di frequente che la vittima designata si sistemi la corda
attorno al collo con le proprie mani ma gli italiani, inaspettatamente,
sono riusciti a fare anche questo.
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