Ammonta a 15 miliardi di dollari la spesa affrontata per aumentare la
sicurezza delle centrali nucleari contro terremoti, tornadi, tsunami e
attacchi terroristici, ed è a questa condizione che la Nuclear
Regulation Authority (NRA) si appresta a rimettere in funzione uno dei
suoi 48 reattori, ormai inattivi dal 2011.
L’impianto in questione si trova a Sendai,in un territorio pieno di siti vulcanici attivi a circa mille chilometri
da Tokyo. A seguito del disastro, la Kyushu Electric Power – una delle
aziende che gestisce il nucleare giapponese – subì dei danni pari a 5,9
miliardi, tant’è che ora dovrebbe ricevere un piano di salvataggio dalla
Banca di Sviluppo del Giappone per un miliardo di dollari. Il governo
non tarda a giustificarsi, affermando che sarebbe impossibile disfarsi
dell’energia nucleare, vuoi per gli eventuali ingenti costi, vuoi perchè
a conti fatti, prima del 2011, le centrali fornivano ben il 30 per
cento dell’elettricità di tutto il Paese, per poi aggiungere che gli
ultimi tre anni di inattività sono stati molto onerosi per le casse
dello Stato.
Il controverso dibattito ridiviene così attuale e ci s’interroga
sull’effettiva efficacia che avranno i lavori di messa in sicurezza, nel
paese che ha ben 110 vulcani attivi per non contare le cinque caldere
giganti che si trovano nelle vicinanze. “Nessuno crede che i rischi
vulcanici siano stati adeguatamente discussi” denuncia Setsuya Nakada,
docente di vulcanologia all’Università di Tokyo.
Il piano di messa in sicurezza prevede l’installazione di nuove
apparecchiature di sorveglianza intorno alle caldere, con annessi piani
di emergenza, Tuttavia, è proprio il capo del comitato di sorveglianza
delle eruzioni vulcaniche presso la Japan Meteorological Agency e
professore onorario di vulcanologia all’Università di Tokyo, Toshitsugu
Fujii, ad affermare più volte che non esiste un metodo preciso per
prevedere eruzioni.
La tesi del presidente della NRA, Shunichi Tanaka, secondo il quale “È
improbabile che ci sia un’eruzione distruttiva nei prossimi 30-40 anni”,
sarebbe inoltre confermata da Charles Connor, professore alla Scuola di
Geoscienze dell’University of South Florida: “Il rischio di un’eruzione
da una caldera nei pressi della centrale di Sendai è molto basso sulla
scala temporale dell’esperienza umana”. A questo punto…non ci resta che
sperare!
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