Riforme criminali: contro il lavoro, il reddito, il benessere diffuso
dei cittadini. Per quelle “riforme” è in corso da vent’anni una campagna
martellante, sintetizza Marco Della Luna. E il loro unico, vero
obiettivo è «rendere la società market-friendly, “marktkonform”, ossia
amica del mercato (finanziario)». A nulla vale il confronto con la
realtà:
flessione del Pil e dell’export, boom del debito pubblico,
disoccupazione dilagante. E’ perché “dobbiamo fare le riforme”, recitano
i politici e i media mainstream. Sono le “riforme” in corso da due
decenni nell’area Ocse, «quelle riforme che tanto ci chiedono l’Europa,
il Fmi, il Colle». Oggi, in Italia, sono le “riforme” di cui parla il
nuovo autocrate Renzi, consacrato dal battesimo elettorale delle
europee. Riforme già viste altrove, purtroppo: «Sono state socialmente
costose e insieme controproducenti rispetto al fine di rilanciare
l’economia e l’occupazione». Hanno rilanciato solo i maxi-profitti, non
il benessere diffuso. «Il loro scopo è un altro: la concentrazione dei
redditi e del potere».
Per Della Luna, si tratta di veri e propri «crimini contro l’umanità»,
che gridano vendetta «di fronte al sangue di chi è morto e di chi morirà
per i loro effetti, alle lacrime di chi è e sarà disoccupato a causa di
esse». Numeri: «Stiamo parlando di migliaia di morti, di milioni di
vite rovinate».
Nel 1999 l’Ocse aveva già previsto tutto. Linee-guida chiarissime: più
strumenti finanziari e meno regole, meno tasse per i ricchi, capitali in
libera circolazione, privatizzazione dei servizi pubblici, meno
politiche industriali (via lo Stato, il mercato unico padrone),
flessibilità nel lavoro (sempre più precario), tagli al welfare,
riduzione dell’intervento pubblico nell’economia e meno oneri per le
imprese. «Non trovate che siano proposte criminali, alla luce dei loro
effetti?», si domanda Della Luna, che cita l’analisi impietosa offerta
di Maurizio Zenezini «da Siena, città vittima della criminalità
bankster, ma anche delle riforme bancarie che l’hanno resa possibile».
Negli ultimi vent’anni, osserva Zenezini in un lavoro prodotto
nell’ambito dell’ateneo senese, i paesi europei hanno introdotto
numerose riforme economiche orientate a rendere le istituzioni più
“favorevoli ai mercati”, nella convinzione che l’ambiente regolativo
costituisca un fondamentale fattore di crescita economica. Errore: alla
prova dei fatti, gli effetti sulla crescita e l’occupazione dei più
recenti interventi di riforma in Italia «appaiono virtualmente nulli nel
breve periodo e modesti, nel migliore dei casi, nel lungo periodo». O
meglio, «risultano nettamente negativi: le riforme flessibilizzanti del
mercato del lavoro hanno peggiorato l’occupazione», mentre le riforme
del credito «hanno destabilizzato il sistema bancario». Eppure, di
fronte a questi palesi insuccessi, l’Ocse insiste nel difendere i suoi
diktat «con gli argomenti più arbitrari, chiaramente in malafede». Gioco
delle tre carte: se una riforma non funziona, vuol dire che è
incompleta e sarà funzionante con la riforma successiva. Veleno su
veleno, anziché medicinali.
«Sarebbe impossibile fornire un’immagine più sconcertante della
irresponsabilità che costituisce la cifra latente della politica
economica degli ultimi decenni», scrive Della Luna. «Nessun riesame
delle riforme effettuate è permesso, è impedita la discussione su
politiche economiche alternative: se le riforme non funzionano, si può
sempre dire che senza di esse le cose sarebbero andate peggio, se gli
indici di deregolamentazione non sono correlati con la desiderata
performance potremo denunciare l’insufficienza degli indici, e se le
riforme hanno effetti trascurabili si chiederà comunque di rafforzarle e
di aumentare la flessibilità». Addirittura, «se una riforma mirata ad
un particolare obiettivo non ha successo, si modificherà l’obiettivo o
si Padoan, dall’Ocse al governo Renzipunterà in qualche altra
direzione».
Per Della Luna, «è la stessa irresponsabilità che Keynes denunciava nel
1925 esaminando le conseguenze della politica economica del governo
Churchill», quando disse: «Poiché il pubblico afferra sempre meglio le
cause particolari che le cause generali, la depressione verrà attribuita
alle tensioni industriali che l’accompagneranno, al piano Dawes, alla
Cina, alle inevitabili conseguenze della Grande Guerra, ai dazi, alle
tasse, a qualunque cosa al mondo fuorché alla politica monetaria
generale, che è stata il motore di tutto». Oggi, il mantra delle
“riforme” è quello che spinge Matteo Renzi a rottamare la Costituzione
insieme a Berlusconi, col quale ha ideato la legge-horror per le
prossime elezioni. Col 40% delle europee in tasca, la strada per le
“riforme” sembra spianata. Dei dettagli si occuperà uno specialista come
Padoan, proveniente – guardacaso – proprio dall’Ocse, la fucina
ideologica delle “riforme” che producono povertà e disoccupazione a
beneficio esclusivo dell’élite finanziaria, l’oligarchia
privatizzatrice.
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