In un mosaico di 40 immagini inviate a Terra dallo strumento
Advanced Moon Imaging Experiment di SMART-1, prima del completamento della
missione ESA lanciata nel 2003, ecco un affascinante ritratto del polo sud
lunare.
[media.inaf.it] – L’Agenzia Spaziale Europea ha pubblicato
una splendida composizione di scatti delle regioni scure e in ombra che tanto
ci affascinano del nostro satellite: un mosaico di 40 immagini, scattate tra il
dicembre del 2005 e marzo 2006 e inviate a Terra dallo strumento Advanced Moon
Imaging Experiment di SMART-1, la sonda ESA allora in orbita intorno alla Luna
e che si è schiantata sulla sua superficie il 3 settembre 2006, in una regione
denominata Lacus Excellentiae.
L’asse di rotazione della Luna presenta un’inclinazione di
1,5 gradi. Questo significa che parte delle sue regioni polari non vedono mai
la luce del Sole. I fondali dei crateri più profondi restano sempre in ombra.
L’estate lunare dell’emisfero sud è quindi il momento migliore, oltre che
unico, per dare un’occhiata a un’area di 500×150 chilometri stupendamente
ritratta dall’obiettivo di SMART-1.
Nelle immagini della sonda ESA sono ben visibili i crateri
Amundsen, Faustini, Shoemaker, Shackleton e de Gerlache (nella foto: da destra
a sinistra, partendo dal cratere più grande visibile nella composita di
scatti). Amundsen, con 105 chilometri di diametro è il cratere più imponente
del polo sud lunare, seguito da Shoemaker (50 chilometri), Faustini (39), de
Gerlache (32) e Shackleton (19).
Il taglio di luce che dal Sole illumina la regione dei
crateri ha permesso alla sonda ESA di visualizzare una serie di interessanti
proprietà. Anzitutto il polo geografico, che si trova al centro del cratere
Shackleton.
Utilizzando le immagini di SMART-1 per esplorare i numerosi
piccoli crateri da impatto che punteggiano la superficie liscia e scura che
circonda il cratere maggiore, gli scienziati sono riusciti a datare lo
Shackleton come anteriore al sito di allunaggio di Apollo 14 (3,85 miliardi di
anni) ma comunque successivo alla regione in cui è atterrato Apollo 15 (3,3
miliardi di anni).
Anche lo Shoemaker è degno di nota: nel 1999 è stato
bersaglio della missione Lunar Prospector, fatta schiantare di proposito
nell’area del cratere lunare nel tentativo di generare un pennacchio di vapore
acqueo sfruttando il surriscaldamento del ghiaccio che avrebbe potuto
contenere.
È vero che in quell’occasione non venne avvistato nessun
getto di vapore, ma non tutto è perduto: alcune regioni della Luna sono rimaste
in ombra per milioni di anni ed esiste ancora una possibilità che contengano un
qualche residuo del ghiaccio depositato sulla superficie del nostro satellite
da comete e asteroidi ricchi d’acqua.
Studiare il ‘lato oscuro’ della Luna può dirci ancora molte cose
che non sappiamo. Non solo riguardo la storia del nostro satellite naturale, ma
anche della Terra, aiutandoci a capire meglio come, e quanto, acqua e materiali
organici possono essere stati trasferiti dalla Luna al nostro pianeta nel corso
della storia.
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