Nel 1992, furono rinvenuti alcuni strani artefatti
estremamente piccoli a forma di spirale sui monti Urali, alimentando un
dibattito che continua ancora oggi. L'origine di questi manufatti
straordinari, che l'occhio umano riesce a malapena a vedere, non è
ancora stata spiegata. Queste misteriose e minuscole strutture
suggeriscono che 300 mila anni fa sia esistita una cultura in grado di
sviluppare nanotecnologie?
Ventidue anni fa, vicino alle rive dei fiumi Kozhim e Balbanyu, che
scorrono sui Monti Urali in Russia, il geologo Johannes Fiebag scoprì
per caso quelle che in seguito sarebbero divenute famose come le
“nanospirali russe”.
Le nanospirali vennero scoperte nel corso di indagini minerarie di routine eseguite in alcuni giacimenti sui Monti Urali.
Si trattava di microscopie strutture sinusoidali. Secondo un’analisi
eseguita dalla Accademia Russa delle Scienze di Syktyvkar, sono
realizzate con una lega di rame, tungsteno e molibdeno.
Alcune di esse talmente minuscole da essere praticamente invisibile
ad occhio nudo. Le dimensioni degli oggetti, infatti, variano dai 3 cm
fino ai 0,0003 mm. La loro notevole regolarità nella struttura e la
superficie estremamente liscia sono osservabili solo con il microscopio
elettronico.
Le nanospirali non sembrano essere il risultato di nessun processo
naturale conosciuto che potrebbe spiegare la loro formazione. Inoltre,
esse mostrano un’inquietante somiglianza con alcuni elementi sviluppati
recentemente nell’ambito delle nanotecnologie, simili ai componenti di
un qualche tipo di nanomacchina sviluppate solo a partire dal 1970.
L’aspetto più sconcertante è che i minuscoli sinusoidi sono stati
rinvenuti in alcuni depositi di ghiaia e detriti nella regione del
Mikulinsk Horizon, ad una profondità tra i 5 e i 15 metri, praticamente
uno strato geologico del Pleistocene, in un periodo che compreso tra i 300 mila e i 20 mila anni fa.
Non vi è alcuna spiegazione plausibile su come tali oggetti possano
essere stati incorporati così in profondità senza avere origini
antichissime. Ma chiaramente, considerando la cronologia convenzionale
della storia umana, ci troviamo di fronte ad un paradosso: come è
possibile che in un periodo tanto remoto siano esistiti esseri umani
tanto evoluti al punto da essere in grado di sviluppare nanotecnologie?
Naturalmente, secondo i teorici degli Antichi Astronauti,
i reperti dei Monti Urali, insieme a tanti altri oggetti inspiegabili
ritrovati nella stessa regione, confermano la teoria secondo la quale,
in tempi remotissimi, gruppi di viaggiatori appartenenti a civiltà non
terrestri hanno visitato il nostro pianeta.
Tuttavia, come riporta la versione inglese di Epoch Time,
un gran numero di detrattori continua ad affermare che questi piccoli
oggetto non sono altro che detriti lasciati dai numerosi razzi lanciati e
testati nel vicino cosmodromo di Pleseck. In risposta, i sostenitori dell’autenticità dei reperti sostiene che questo argomento non regge, per almeno due motivi.
In primo luogo, almeno per quello che ufficialmente è dato sapere,
nessuno dei missili testati a Pleseck montava nanotecnologie simili.
Poi, dato che i reperti sono stati trovati a diversi metri di sotto la
superficie, non si riesce a capire come avrebbero fatto eventuali
detriti missilistici ad arrivare a tale livello di profondità.
Sebbene i reperti siano stati studiati dall’Accademia Russa delle
Scienze di Mosca, Syktyvkar e San Pietroburgo, e anche presso l’Istituto
di Helsinki in Finlandia, al momento non esiste nessuna conclusione
soddisfacente. Inoltre, con la morte del dottor Johannes Fiebag, nessun
altra ricerca è stata condotta in merito.
Chiaramente, finché non verrà posto un punto fermo sulla natura di
questi enigmatici oggetti, ogni ipotesi è lecita. Si spero che in un
prossimo futuro la comunità scientifica decida di prendere in esame le
nanospirali russe e continuare la ricerca iniziata da Fiebag.
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